Not ordinary = Extraordinary. Dipartimento di design LABA Firenze. Guardando l’orizzonte con la testa all’ingiù?

VDW2019

Ogni cosa al suo posto, un posto per ogni cosa – il progetto delle cose.
Il design è disciplina giovane che si sta costruendo poco a poco i suoi statuti e perfezionando i suoi strumenti di ricerca. Sono passati poco più di vent’anni anni dall’istituzione del primo corso di laurea in Disegno industriale in Italia, un passo che ha contribuito a sviluppare questo insieme articolato di conoscenze.
“Design” è una parola usata e abusata”, ormai non c’è attività di natura creativa che non venga etichettata con questo termine generico. La creatività è uno stile di pensiero che si esprime in processi mentali caratteristici. Non è semplice dare una definizione sintetica e non riduttiva della creatività: la capacità di produrre pensiero creativo, come quella di comunicare o di apprendere, è una metà competenza, cioè un’abilità trasversale, che può essere applicata a campi diversi (arti, scienze, tecnologia, impresa…). Ognuno di noi ha oggetti che ci rappresentano e ci raccontano nel tempo per non dimenticare e non dimenticarci. Il “buon design” è prima di tutto design dell’idea, in quanto è il significato che plasma l’oggetto; si basa sulla contaminazione fra discipline, perché da questo nasce l’identità del progetto; sperimenta linguaggi e diviene messaggio. Compito del designer è dunque quello di ideare concetti che scaturiscano da riflessioni sul vivere quotidiano, dalla sua interpretazione e di costruire un prodotto nuovo, con un’utilità intima, capace sì di variare al mutamento degli stili e delle mode, ma di rimanere sempre attuale, in quanto muove da bisogni e necessità che l’uomo ha sempre avver­tito. Il gesto diventa stimolatore di nuove idee in quanto ci offre la possibilità di disegnare un oggetto parten­do dal movimento insito in esso; allo stesso modo, a livello di modalità progettuale, diviene un nuovo, inedito pretesto per avvicinarsi al progetto. Porre l’attenzione ai gesti è risultato fondamentale anche per capire le modalità di utilizzo dell’oggetto, in particolare quei modi naturali e istintivi, compiuti senza consapevolezza. Le profonde trasformazioni che investono il mercato richiedono al mondo produttivo nuove forme di pensiero e metodologie di azione. Come scrive J. L. Le Moigne, “la complessità è nel codice e non nella natura delle cose… e dunque… se costruita, la complessità più inestricabile diventa progettabile”. Questi aspetti sono la ricerca sviluppata in questi anni nel dipartimento design Laba di Firenze, coordinata dal prof. Minisci, e la stessa mostra Not ordinary = Extraordinary, ne restituisce forme e progetti. Una esposizione che certa di capire quali sono le implicazioni del nostro operato, e progettare visioni di futuri preferibili e desiderabili.

“Per me, il design è un modo di discutere la vita. È un modo di discutere la società, la politica, l’erotismo, il cibo e persino il design. Infine, è un modo di costruire, una possibile utopia figurativa o di costruire una metafora della vita. Certo, per me il design non è limitato dalla necessità di dare più o meno forma a uno stupido prodotto destinato a un’industria più o meno sofisticata; per cui, se devi insegnare qualcosa sul design, devi insegnare prima di tutto qualcosa sulla vita e devi insistere anche spiegando che la tecnologia è una delle metafore della vita” …da un pensiero di Ettore Sottsass. Ripensare la didattica verso una nuova rilettura dell’identità. In Italia, più che in ogni altro paese al mondo, troviamo una elevata presenza di mestieri artistici che, radicati nelle ricche tradizioni artigianali di specifici luoghi, hanno prodotto una stretta relazione tra lo sviluppo economico e l’identità culturale. “Chiudere il cerchio” come sosteneva Marco Zanuso, significava avvertire la necessità di recuperare nella cultura progettuale una dimensione di più ampia responsabilità in cui restituire l’idea di valore sostituendola all’idea di gratificazione; significa anche che ad un concetto di cultura tecnocratica è necessario sostituire quello di una tecnologia superiore, di una tecnologia colta. Ha ragione Umberto Eco, quando commenta la Proposta per un’auto progettazione di Mari: «Tutti devono progettare: in fondo è il modo migliore di evitare essere progettati» (Umberto Eco, cit. in Enzo Mari, Auto progettazione? op.cit., p. 74.)

Angelo Minisci
Docente e Coordinatore Dipartimento di design Laba Firenze

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